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Educazione sessuale e parità di genere: a che punto è la scuola italiana? - Professional Academy

Educazione sessuale e parità di genere: a che punto è la scuola italiana?



Nelle scuole italiane l’educazione sessuale non è una materia obbligatoria (lo stesso accade in Bulgaria, Cipro, Lituania, Polonia e Romania), dunque i progetti degli istituti relativi a questa tematica, strettamente connessa a quella della parità di genere, si riducono a iniziative personali di dirigenti e insegnanti e vengono finanziate da centri antiviolenza, enti locali e fondazioni.

Dal punto di vista normativo, in materia esistono una legge (Legge 107/2015, art.1 comma 16) e delle Linee Guida (relative al Piano nazionale per l’educazione al rispetto nelle scuole) che però non danno indicazioni pratiche, ma si limitano ad alcune vaghe affermazioni sulla parità di genere e agli stereotipi di linguaggio.

Nonostante la Convenzione di Istanbul (che l’Italia ha firmato) preveda, all’articolo 14, che i Paesi firmatari si impegnino a «includere nei programmi scolastici di ogni ordine e grado dei materiali didattici su temi quali la parità tra i sessi, i ruoli di genere non stereotipati, il reciproco rispetto, la soluzione non violenta dei conflitti nei rapporti interpersonali, la violenza contro le donne basata sul genere e il diritto all’integrità personale», la quasi totalità delle scuole non si preoccupa di promuovere programmi di prevenzione alla violenza e attivare percorsi educativi.

Svezia e Olanda hanno inserito l’educazione sessuale a scuola tra gli anni ’50 e ’60, la Germania nel 1968 e la Francia nel 1998. Non a caso, i Paesi che più si impegnano e investono nell’educazione sessuale sono anche quelli più all’avanguardia nella diffusione di programmi riguardanti la parità di genere.

«Prevenire la violenza significa modificare completamente il modo di relazionarsi tra uomini e donne – ha spiegato a “Valigia Blu” Antonella Veltri, Presidente di D.i.Re (Donne in rete contro la violenza) -. Significa superare tutti quegli stereotipi che rafforzano la sensazione di inadeguatezza delle bambine, delle ragazze e poi delle donne, soprattutto rispetto a quei settori che finora sono stati appannaggio prevalentemente dei maschi. Questi stereotipi vengono interiorizzati fin dalla più tenera età perché vengono veicolati anche, più o meno consapevolmente, dagli e dalle insegnanti».

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