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L’indagine di Greenpeace sulla tossicità dei prodotti SHEIN - Professional Academy

L’indagine di Greenpeace sulla tossicità dei prodotti SHEIN



I prodotti tessili sono la trama della vita quotidiana: capi di abbigliamento e mobili, dispositivi medici e di protezione, edifici e veicoli. Il consumo europeo di prodotti tessili si trova, in media, al quarto posto per maggiore impatto sull’ambiente e sui cambiamenti climatici, dopo l’alimentazione, gli alloggi e la mobilità. Costituisce anche il terzo settore in ordine di consumi per quanto riguarda l’uso di acqua e suolo e il quinto per l’uso di materie prime primarie e le emissioni di gas a effetto serra.

La sovrapproduzione di capi dal grande impatto ambientale rappresenta l’approccio attualmente più utilizzato da diversi brand molto popolari, perché implica una produzione massiva di capi di abbigliamento venduti a prezzi molto bassi, e distribuiti e riassortiti velocemente.

Un esempio lampante di questo processo è rappresentato dal marchio SHEIN. Fondato in Cina nel 2008 e cresciuto in modo esponenziale, immette in commercio ogni giorno migliaia di nuovi modelli, confezionati in meno di una settimana e destinati per lo più a un pubblico giovane. In questo modo si generano enormi quantità di rifiuti tessili inquinanti, che si aggiungono alle frequenti segnalazioni di casi di sfruttamento dei lavoratori.

La forza di SHEIN in poche parole si basa sulla sovrapproduzione: 1,3 milioni di capi in 12 mesi e rappresenta un flusso pressoché infinito di abiti garantito dal sistema totalmente esternalizzato e dall’assenza di negozi fisici. Un fenomeno che va ad incidere negativamente sull’impatto ambientale legato a produzione e trasporti e nasconde anche un volto meno noto: quello delle sostanze con cui vengono realizzati gli abiti.

Greenpeace ha realizzato un’indagine sul brand cinese dell’ultra-fast fashion e in particolare la sezione tedesca dell’organizzazione ambientalista ha preso in esame 47 prodotti, fra cui abiti e calzature per uomo, donna, bambino e neonato, acquistati in Italia, Spagna, Svizzera, Germania ed Austria.

Il 15% dei prodotti analizzati in laboratorio ha fatto registrare quantità di sostanze chimiche pericolose superiori ai livelli consentiti dalle leggi europee. In un rapporto del 23 novembre 2022, Greenpeace ha svelato che i capi di SHEIN contengono sostanze chimiche tossiche, fra cui composti organici volatili, alchilfenoli etossilati, formaldeide, ftalati, PFAS e metalli pesanti. L’uso di sostanze chimiche pericolose è alla base del modello di business di SHEIN con alcuni prodotti illegali che stanno invadendo i mercati europei. 

Una situazione estremamente complessa che riguarda:

  • i lavoratori che operano nelle filiere produttive del colosso cinese esposti a seri rischi sanitari;
  • le popolazioni che vivono in prossimità dei siti produttivi;
  • i consumatori finali che quei prodotti li indossano.

Nel report di Greenpeace i risultati indicano che SHEIN ha uno scarso controllo nella gestione delle sostanze chimiche pericolose usate nelle filiere produttive ed evidenzia il disinteresse nei confronti dei rischi ambientali e per la salute umana da parte del marchio cinese.

L’organismo non governativo, alla luce di questa indagine, chiede all’Unione Europea di applicare le leggi vigenti sulle sostanze chimiche pericolose, un requisito fondamentale per lo sviluppo di una vera economia circolare, e di attivarsi per eliminare il fast fashion. In questo senso, il 30 marzo 2022, la Commissione europea ha adottato la strategia dell’UE per i prodotti tessili sostenibili e circolari.

La strategia UE presenta un nuovo approccio, di ampio respiro (entro il 2030), per affrontare tali questioni in modo armonizzato, prendendo in esame l’intero ciclo di vita dei prodotti tessili e proponendo azioni per modificare la maniera in cui li produciamo e li consumiamo.

 

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